lunedì 4 marzo 2024

Firenze: al Teatro della Pergola "Magnifica presenza" uno spettacolo di Ferzan Ozpetek, dal 5 al 10 marzo

foto Stefania Casellato
Illusione e realtà, sogno e verità, amore e cinismo, cinema, teatro e incanto. Dopo Mine Vaganti, Ferzan Ozpetek torna al teatro con il nuovo adattamento di uno dei suoi successi cinematografici: Magnifica presenza.

Lo spettacolo vede protagonisti Serra Yilmaz nel ruolo di Lea, Tosca D’Aquino come Maria, e Federico Cesari, al suo debutto teatrale, che interpreta Pietro. Completano il potente cast Toni Fornari, Luciano Scarpa, Tina Agrippino, Sara Bosi, Fabio Zarrella, nei ruoli di personaggi che oscillano tra il reale e l’onirico.

Pietro è un giovane che si trasferisce a Roma con l'ambizione di diventare attore. La sua esistenza nella nuova abitazione romana viene tuttavia turbata da strane presenze, che solo lui può vedere; si tratta di una bizzarra compagnia teatrale con cui poi instaura un rapporto d’amicizia. Compatito dalla cugina Maria, che cerca di guarirlo da queste continue allucinazioni, Pietro tenterà invece di andare a fondo della storia, cercando di capire le ragioni che trattengono nel presente questa sorta di fantasmi.

La trama, che naviga tra il sogno e la realtà, promette di essere un'esperienza teatrale immersiva. Magnifica presenza rappresenta un'opportunità per il pubblico di assistere alla trasposizione teatrale di un film acclamato, evidenziando la capacità di Ozpetek di trasportare le sue storie dallo schermo al palcoscenico con maestria e sensibilità.

Magnifica presen uno spettacolo di Ferzan Ozpetek

con Serra Yilmaz, Tosca D'Aquino, Federico Cesari
e con Toni Fornari, Luciano Scarpa, Tina Agrippino, Sara Bosi, Fabio Zarrella
produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo
in coproduzione con Teatro della Toscana
foto Stefania Casellato
fonte: www.teatrodellatoscana.it

Libri: "La mia vita a passi di danza" di Giuseppe Picone

Nato a Napoli, Giuseppe Picone è entrato giovanissimo alla scuola di ballo del Teatro San Carlo. Lì, infaticabilmente sostenuto dal maggiore dei suoi fratelli, Lello, ha mosso i primi passi di una lunga ed eccezionale carriera, a cominciare dall’importante ruolo affidatogli quando aveva solo dodici anni: quello di Nižinskij fanciullo in un balletto interpretato da Carla Fracci, Vladimir Vasil’ev ed Éric Vu-An, con la regia di Beppe Menegatti. 

Un’esistenza, la sua, da sempre vissuta in nome della danza: ed eccolo raccontare finalmente ai lettori – anche attraverso un ricco repertorio fotografico – la sua formazione, la carriera ultratrentennale trascorsa per buona parte in giro per il mondo (dal Ballet National de Nancy all’English National Ballet, all’American Ballet Theatre), i tanti balletti danzati, gli incontri con i grandi coreografi e con alcuni straordinari compagni di lavoro. 

Ma, con la stessa amabile schiettezza che caratterizza tutto il racconto, Picone non si ritrae dal ricordare anche i momenti travagliati del suo lungo percorso artistico: come quello della lunga degenza a New York che ha messo a repentaglio la sua carriera, o la difficile direzione del corpo di ballo del San Carlo, incarico che ha svolto dal 2016 al 2020. Con queste pagine, una delle nostre étoiles più luminose consegna a tutti gli appassionati un diario di vita che, “a passi di danza”, li affascinerà per la varietà e la verità dei suoi tanti accadimenti, sopra e fuori il palcoscenico. Prefazione di Beppe Menegatti. 

fonte: www.ibs.it

Film Festivals: Marlon Brando Centennial Retrospective Set for Italy’s Torino Film Festival

Italy’s Torino Film Festival will celebrate the centennial of Marlon Brando‘s birth with a 24-title retrospective of films featuring the groundbreaking two-time Oscar winner, known for his naturalistic acting style and rebellious streak. By Nick Vivarelli

The Brando retro will be “the backbone” of the fest, according to its new artistic director, Italian actor/director Giulio Base. Accordingly, an image of Brando – photographed when he was shooting Bernardo Bertolucci’s “Last Tango in Paris” – is featured on the poster for the fest’s upcoming 42nd edition, which will run Nov. 22-30.

Torino is Italy’s preeminent event for young directors and indie cinema, and is where Matteo Garrone and Paolo Sorrentino screened their first works. The festival’s lineup will be announced at a later date. 

“As an actor, Brando has always been my guiding star and I had been wondering for a while – since way before being appointed at Torino – how I would be able to celebrate his work,” Base, who was named Torino chief last July, told Variety.

The Torino Film Festival is run by Italy’s National Film Museum in Turin, a cinematic shrine housed in the iconic Mole Antonelliana domed tower, which is the Northern city’s main landmark. The museum staff has assembled the 24 titles selected by Base and his collaborators amid Brando’s vast filmography.

This includes Fred Zinneman’s 1950 drama “The Men,” the movie in which Brando made his big-screen debut playing a paraplegic war veteran, after having made a splash on on Broadway playing the Stanley Kowalski character in Tennessee Williams’ “A Streetcar Named Desire.” 

A 1950 Variety review somewhat tersely concluded: “Brando, a newcomer from Broadway stage, where he starred in ‘Streetcar Named Desire,’ plays his role realistically, often without sympathy but certainly with a feeling for the part. He is a new type of leading man, and as such must be accepted.”

Other titles selected by Torino to celebrate Brando, who was born in Omaha, Neb., on April 3, 1924, include Elia Kazan’s 1951 film adaptation of “A Streetcar Named Desire”; Joseph L. Mankiewicz’s “Julius Caesar” (1953); Kazan’s “On the Waterfront,” for which Brando won his first Oscar in 1954; Sydney Lumet’s “The Fugitive Kind” (1959); and Brando’s directorial debut “One-Eyed Jacks” (1961), in which he also starred.

Subsequent movies starring Brando set for the Torino retro comprise his unforgettable roles in Francis Ford Coppola’s “The Godfather” (1972) and “Apocalypse Now” (1979); Bertolucci’s “Last Tango in Paris” (1972); Richard Donner’s “Superman” (1978); Euzhan Palcy’s “A Dry White Season” (1989); Jeremy Leven’s “Don Juan De Marco” (1994); and John Frankenheimer and Richard Stanley’s “The Island of Dr. Moreau” (1996). 

fonte: articolo scritto da Nick Vivarelli  https://variety.com

Libri: "I gatti di Shinjuku" di Durian Sukegawa

Tra i bagliori delle notti di Shinjuku, una storia di incontri umani e felini, di vite sghembe e di palpiti di poesia, in un luogo e in un'epoca – i primi anni Novanta – che riportano a galla una Tokyo ammaliante e ormai scomparsa.

Nel cuore di Shinjuku, a Tokyo, c'è Goldengai, un piccolo quartiere che resiste a grattacieli e speculazione edilizia. E nel cuore di Goldengai c'è un localino stretto e lungo dove si raccolgono i randagi del posto, siano essi gatti o esseri umani. A cominciare da un aspirante sceneggiatore daltonico e una cameriera strabica, misteriosa conoscitrice dei felini della zona. 

Tra i bagliori delle notti di Shinjuku, una storia di incontri umani e felini, di vite sghembe e di palpiti di poesia, in un luogo e in un'epoca – i primi anni Novanta – che riportano a galla una Tokyo ammaliante e ormai scomparsa. «Un romanzo meravigliosamente poetico» («Vormagazin»). 

«La storia d'amore di Durian Sukegawa assomiglia davvero a un gatto: si insinua dolcemente, rivela inaspettatamente artigli affilati, poi silenziosamente scompare» («Münchner Merkur»). A Tokyo, nei primissimi anni Novanta – gli anni della «bolla» immobiliare –, impazzano i procacciatori d'affari e crescono i grattacieli. Non dappertutto, però. Nella zona di Shinjuku ci sono soprattutto alberghi a ore in rovina e gatti. Nel cuore di Shinjuku c'è Goldengai, un gruppo di isolati che risale ai «tempi caotici del dopoguerra», con piú di duecento piccoli bar l'uno accanto all'altro. 

È un mondo di ruderi e lanterne colorate quello in cui si aggira Yama, aspirante sceneggiatore, autore di quiz per la televisione, daltonico. Quando entra per la prima volta al Kalinka, un localino stretto e lungo dove i clienti abituali ingannano il tempo facendo scommesse sui gatti che faranno capolino alla finestra, Yama si ritrova in una «enciclopedia illustrata del genere umano». Gomito a gomito, al bancone bevono un bassista rock, una dominatrice di un club sadomaso, un regista, un «pornoredattore», un ex carcerato, un uomo vestito di paillette. 

Dietro il bancone lavora Yume, che arrostisce spiedini e peperoni. Come molti dei suoi clienti, Yume sembra un po' sfasata: ti guarda con un occhio solo, non sorride mai, e sembra sapere molte cose sui gatti del quartiere. Intrigato dal mistero – dove si incontrano, Yume e i gatti? –, combattuto tra la perenne sensazione di smarrimento e gli impulsi creativi, Yama cerca di trovare una strada che faccia per lui. Lungo il cammino si metterà nei guai col suo datore di lavoro, si cimenterà nella poesia, si lascerà cullare dalle luci di Goldengai. E, proprio quando sentirà sbocciare un fiore dentro di sé, vedrà un luogo magico scivolare via come sabbia, portandosi dietro una ragazza dagli occhi sfuggenti e forse un'intera epoca della vita. 

fonte: www.ibs.it

“Eleonora Abbagnato. Una Stella che Danza” il docufilm in onda su Rai3 e RaiPlay

FLASH NEWS – Eleonora Abbagnato. Una Stella che Danza” di Irish Braschi, su e con Eleonora Abbagnato, e la partecipazione straordinaria al pianoforte di Dardust, andrà in onda su Rai3 in prima serata venerdì 29 marzo 2024 e su RaiPlay. Il documentario sarà proiettato in anteprima al Bif&st di Bari Mercoledì 20 Marzo 2024, alle ore 21:30, al Teatro Piccinni

Una luce illumina una ballerina sul palco. È Eleonora Abbagnato, Etòile dell’Opéra di Parigi. Quella è la sua Soirée d’adieux, il suo ultimo spettacolo nel celebre teatro parigino. Una serata speciale durante la quale emergono nella sua testa i ricordi di quel viaggio artistico durato quasi 30 anni. Un racconto dove quell’ultimo spettacolo e i frammenti dei suoi ricordi si alternano armoniosamente tra di loro, in un gioco di continui rimandi tra presente e passato, tra oggi e ieri, tra live e memoir.

Eleonora Abbagnato. Una Stella che Danza” è prodotto da Matteo Levi con 11 Marzo Film (a.p.a.) in collaborazione con Rai Documentari e con il contributo del Ministero della Cultura.

fonte: https://giornaledelladanza.com

Cultura: morta a 102 anni Iris Apfel, l'icona della moda di New York

Come designer ha ristrutturato la Casa Bianca di nove presidenti 

Iris Apfel, eccentrica icona della moda newyorkese, è morta venerdì a 102 anni.

Lo si legge sul suo account Instagram, sotto una foto di lei vestita con un lungo abito fantasia oro e grandi occhiali neri. Il suo ultimo post è solo di due giorni fa, il 29 febbraio, quando aveva celebrato i suoi "102 anni e mezzo".

La "stellina geriatrica"  del Queens, come amava definirsi, aveva recentemente firmato una collezione per H&M, dopo molteplici collaborazioni tra cui Citroën, Magnum, Happy Calze e Mac. Con 2,9 milioni di follower su Instagram, la fashionista ultracentenaria partecipava ancora ai principali eventi della moda e sfilava ancora sulla sua sedia a rotelle. 

Nata nel 1921 da una famiglia ebrea di New York, Iris Apfel ha studiato storia dell'arte. Designer d'interni, ha partecipato ai lavori di ristrutturazione della Casa Bianca per nove presidenti, da Harry Truman a Bill Clinton. Ha collezionato abiti dei più grandi stilisti del 20mo secolo, che occupavano due piani del suo lussuoso appartamento di Park Avenue e ai quali nel 2005 il Met di New York ha dedicato una retrospettiva.

"Un giorno qualcuno mi ha detto 'non sei carina e non lo sarai mai, ma non importa, hai qualcosa di molto più importante: hai stile'", amava raccontare Iris. Nel 2016, è stata protagonista di una mostra al Bon Marché di Parigi, volto di una campagna pubblicitaria Citroën, nonché di un marchio australiano di prêt-à-porter, Blue Illusion. Nel 2015, dopo 67 anni assieme, ha perso il marito Carl, industriale tessile morto all'età di 100 anni. Appassionata di outfit colorati, Apfel ha invitato le donne ad abbandonare "l'uniforme di collant neri o jeans con maglione, stivaletti e giacca di pelle", tanto che il suo mantra era "osa essere diverso!". 

fonte: Redazione ANSA  www.ansa.it  RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati

Libri: "100% Walter. Chiari. Biografia di un genio irregolare" di Simone Annicchiarico, Michele Sancisi

Nel centenario dell’attore e autore, nato l’8 marzo 1924, esce la prima completa biografia di Walter Chiari, firmata da Michele Sancisi con la collaborazione del figlio di Chiari, Simone Annicchiarico. Questo libro, ricchissimo di testimonianze e documenti inediti, raccoglie aneddoti sorprendenti e spassosi, facendo al contempo luce su alcuni passaggi controversi della sua vita. 

Nato a Verona da un’umile famiglia pugliese e diventato milanese negli anni Trenta, si è affermato come re della rivista, per poi esordire nel cinema, dove ha interpretato più di cento film. Dagli anni Cinquanta è stato un popolare volto della Tv in storiche trasmissioni come Canzonissima e Studio Uno. 

Ha battuto per decenni record d’incassi del teatro brillante e riempito le pagine della stampa patinata con innumerevoli avventure sentimentali. Campione di stile ed eleganza italiani, Chiari ha vissuto 67 anni a cento all’ora. Tra queste pagine, che accostano il calore e l’intimità dello sguardo familiare al profondo rigore documentaristico, scopriamo anche un uomo timido e romantico, segnato da lati oscuri e dipendenze, al centro di clamorosi episodi giudiziari che ne hanno minato la fama. Un uomo che nonostante tutto ha saputo risollevarsi e tornare sulla cresta dell’onda, grazie all’amore del suo pubblico e a un talento destinato a giungere intatto fino a noi.

MICHELE SANCISI - Walter Chiari era la dimostrazione che si può stare con i piedi per terra e la mente sulla traiettoria stellare di Peter Pan. Lui era la possibilità dell’incredibile, in cui si può, si deve credere. Era la via traversa che non ti viene insegnata né consigliata. Era un dolcissimo cattivo maestro, in un’epoca che si stava popolando di orribili cattivi maestri.

SIMONE ANNICCHIARICO - Tanti ricordi che ho scelto a caso, sull’onda delle mie sensazioni, del mio affetto. Ricordi che magari fanno ridere solo me, ma l’unica è provarci, provare a trasmettere, per iscritto, ciò che davvero è intrasmissibile. Walter non era solo un uomo in carne e ossa, ma anche un fumetto, un’idea, era Errol Flynn mischiato a Jacques Cousteau. I fumetti, gli eroi e le idee non muoiono mai. 

fonte: www.baldinicastoldi.it

lunedì 26 febbraio 2024

Firenze, al Teatro Verdi il musical "Billy Elliot" con Giulio Scarpati e Rossella Brescia. Dal 15 al 17 marzo.

Torna al Teatro Verdi la storia del ballerino che fa sognare intere generazioni di talenti  In scena un cast di 30 straordinari performers, in un allestimento dal respiro internazionale sottolineato dalle musiche pluripremiate di Elton John. Basato sull’omonimo film di Stephen Daldry ( 2000), il musical Billy Elliot ha debuttato nel West End di Londra nel 2005 vincendo ben 4 Laurence Olivier Awards.


Il musical racconta la vicenda appassionante di Billy, ragazzo pieno di talento, pronto a lottare contro chiunque voglia ostacolare il suo unico obiettivo: quello di diventare un ballerino.

“Billy Elliot è un capolavoro, una formula perfetta: una storia di coraggio, volontà, leggerezza, esattamente un paradigma di ciò che servirebbe oggi ad ognuno di noi.  La storia di Billy affonda le proprie radici negli anni 80 del passato millennio ma alcuni temi sono assolutamente coincidenti con istanze dei nostri giorni.  Questo ragazzino- tanto smarrito quanto visionario- con coraggio, volontà e leggerezza, prenderà per mano lo spettatore di ogni età e, tra incanto, ironia e commozione, lo farà volare.”  Massimo Romeo Piparo

Io non voglio un’adolescenza qualunque. Io voglio diventare un ballerino!

Info e Bigletti > QUI

venerdì 15 Marzo 20:45
sabato 16 Marzo 20:45
domenica 17 Marzo 16:45

Adattamento e regia Massimo Romeo Piparo
Produzione PeepArrow - Il Sistina
Musiche Elton John
Organizzatore Antico Teatro Pagliano

fonte: www.teatroverdifirenze.it

Cinema > Nastri D'Argento Documentari 2024, tutti i vincitori

Con il Nastro dell’anno a Mario Martone vincono Kasia Smutniak con "Mur" per il cinema del reale e "Io, noi e Gaber" di Riccardo Milani per Cinema, Spettacolo, Cultura. 

A "Borromini e Bernini. Sfida alla perfezione", il Premio per il miglior documentario d’Arte. Premi speciali a "Roma, santa e dannata" di Daniele Ciprì, Roberto D’Agostino e Marco Giusti e a "Un altro domani" di Silvio Soldini e Cristiana Mainardi. 

La premiazione stasera, lunedì 26 Febbraio ore 18:00 al Cinema Barberini  

L’opera prima di Kasia Smutniak Mur, viaggio tra Polonia e Bielorussia nel lungo tratto di confine che impedisce il passaggio ai migranti e Io, noi e Gaber di Riccardo Milani, ritratto del ‘Signor G’ tra musica, teatro e quel vibrante impegno intellettuale che ha attraversato tutta la sua vita, sono i film vincitori dei Nastri d’Argento Documentari 2024 assegnati dai Giornalisti Cinematografici italiani. Hanno vinto rispettivamente per il ‘Cinema del Reale’ e nella sezione dedicata a ‘Cinema Spettacolo, Cultura’ nel palmarès di un’edizione che assegna il ‘Nastro dell’anno’ per i Documentari a Mario Martone – per Laggiù qualcuno mi ama, dedicato a Massimo Troisi e Un ritratto in movimento. Omaggio a Mimmo Jodice.

Premi speciali sono andati a Roma, santa e dannata, il viaggio nelle notti romane di Roberto D’Agostino, Marco Giusti e Daniele Ciprì e al film di Silvio Soldini e Cristiana Mainardi Un altro domani, sulla violenza contro le donne indagata anche attraverso le voci degli uomini.

Completano il palmarès 2024 i riconoscimenti per il Miglior Docufilm, Enigma Rol di Anselma Dell’Olio, indagine sulla figura e gli straordinari poteri del sensitivo torinese che fu vicino a Federico Fellini e, ancora, il Nastro d’Argento alla scrittrice e sceneggiatrice Edith Bruck, sopravvissuta alla deportazione, per Edith, emozionante testimonianza autobiografica sulla Shoah, da un’idea di Giovanna Boursier, con la regia di Michele Mally fortemente voluto su La 7 da Andrea Purgatori in uno degli ultimi numeri del suo Atlantide.

Per la Cultura, oltre il Nastro d’Argento a Monica Bellucci, protagonista dell’anno nei Documentari per l’intensa interpretazione di Maria Callas: Lettere e Memorie, due i Premi speciali assegnati: a Lucio Amelio, film di Nicolangelo Gelormini che celebra il critico e gallerista grande protagonista della vita intellettuale napoletana e a Oceano Canada, affettuoso ‘director’s cut” di Andrea Andermann di un viaggio alla scoperta del rapporto con la natura tanto caro a Ennio Flaiano che ne fu con lui autore e che morì prima di vederne, cinquant’anni fa, la prima messa in onda in un formato televisivo che definiremmo oggi ‘seriale’. Premiato allora proprio dai Nastri d’Argento il film, nella sintesi di oggi, è di nuovo segnalato oggi nelle quattro storie che s’intrecciano nella nuova edizione, rimontata e trasmessa da Rai Cultura dando voce e vita all’ “anima” del Canada, ma non solo.

Una menzione speciale, infine è stata assegnata a Bosco Martese di Fariborz Kamkari, che ricorda il primo scontro in campo aperto della Resistenza italiana contro l’Esercito tedesco: un episodio abruzzese poco noto nella storia di quegli anni che riemerge nel documentario coprodotto da Adriana Chiesa Di Palma con l’Associazione Teramo Nostra guidata da Piero Chiarini – che ogni anno dedica agli Autori della Fotografia il Premio Di Venanzo – ed è appassionata custode della memoria di quell’episodio.

Sul palco del cinema Barberini - partner di quest’edizione - con i vincitori dei Nastri d’Argento anche i finalisti nelle tre ‘cinquine’- 15 film nelle due categorie dedicate al racconto del ‘Reale’, ai film su ‘Cinema, Spettacolo, Cultura’ e all’Arte selezionati tra gli oltre 130 documentari ammessi e i 175 visionati tra i titoli editi nel 2023, proposti dai Festival più importanti o nelle rassegne specializzate e poi usciti in sala o trasmessi su reti o piattaforme televisive. Ed è stato anche annunciato a Roma  anche il Premio Valentina Pedicini in omaggio alla giovane regista prematuramente scomparsa: va al film  About last year scritto, diretto e interpretato da Dunja Lavecchia, Beatrice Surano e Morena Terranova. Presentato con successo - unico film italiano in concorso - alla Settimana della Critica all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, il documentario riceverà il Premio a Palermo, in collaborazione con la sede del Centro Sperimentale di Cinematografia dedicato al documentario e diretto dalla regista e sceneggiatrice Costanza Quatriglio.

“In selezione un panorama di temi, storie e personaggi - ricorda a nome del Direttivo Nazionale Laura Delli Colli, Presidente - che non dimentica il passato ma neanche la Storia recente con uno sguardo particolare all’attualità in un anno drammatico tra migrazioni, guerre, femminicidi, allarme per le mutazioni climatiche e, nel mondo dello Spettacolo e nella Cultura, rivela un’attenzione speciale, con il Cinema, ai protagonisti della musica.

La selezione ufficiale 2024 è stata firmata dal Direttivo Nazionale dei Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI): Laura Delli Colli (Presidente), Fulvia Caprara (Vicepresidente), Oscar Cosulich, Maurizio di Rienzo, Susanna Rotunno, Paolo Sommaruga e Stefania Ulivi.

Nastri d'Argento documentari 2024, tutti i premi


> Nastro dell’anno Mario Martone

Laggiù qualcuno mi ama

Un ritratto in movimento. Omaggio a Mimmo Jodice

> Protagonista dell’anno Monica  Bellucci

Maria Callas: lettere e memorie

> Cinema del Reale

Mur di Kasia Smutniak

> Cinema, Spettacolo, Cultura

Io, noi e Gaber di Riccardo Milani

> Edith Bruck

Edith di Michele Mally

> Cinquina speciale  Arte

Borromini e Bernini. Sfida alla perfezione di Giovanni Troilo

PREMI SPECIALI

Cinema del Reale

Roma, santa e dannata di Daniele Ciprì, Roberto D’Agostino, Marco Giusti

Un altro domani di Silvio Soldini e Cristiana Mainardi

> Menzione speciale

Bosco Martese di Fariborz Kamkari

> Miglior Docufilm

Enigma Rol di Anselma dell’Olio

> Cultura

Lucio Amelio di Nicolangelo Gelormini

Oceano Canada di Andrea Andermann

> Premio Valentina Pedicini

About last year di Dunja Lavecchia, Beatrice Surano, Morena Terranova

fonte: https://tg24.sky.it

lunedì 19 febbraio 2024

Sport: Jannik Sinner testimonial perfetto per una causa importantissima

Afp - Tennis, Atp Rotterdam: la premiazione di Jannik Sinner. Dodicesimo titolo per l'azzurro, numero 3 al mondo

Il fuoriclasse altoatesino è il volto di una collaborazione che affronta un tema rilevante per la salute pubblica ancora sottostimato

Inarrestabile Jannik Sinner.

Reagisce, agisce, fa pochi errori, porta a casa anche il successo alle Atp di Rotterdam e festeggia l’ingresso nel terzo posto nel ranking mondiale. In Olanda l’azzurro si è aggiudicato il dodicesimo titolo della sua carriera, arrivato dopo la vittoria agli Australian Open. Per lui un inizio 2024 dai risultati eccezionali e un ruolo speciale, da testimonial, per una causa importantissima.

Jannik Sinner è il volto di una collaborazione di lungo periodo che ha l’obiettivo di affrontare un tema rilevante per la salute pubblica e ancora piuttosto sottostimato: la scarsa educazione alla corretta protezione dai raggi UV. Il fuoriclasse altoatesino è stato scelto, infatti, da La Roche-Posay come suo nuovo Global Brand Advocate. 

Giocando all’aperto tutto l’anno, Jannik Sinner è il perfetto “partner in cause” per educare alla fotoprotezione. La collaborazione con il brand, riferimento per i dermatologi in tutto il mondo, creato da un farmacista nel 1975 e presente oggi in oltre 60 Paesi, fa leva sull’expertise pionieristica di La Roche-Posay e Anthelios, la sua iconica gamma di prodotti di protezione solare

Con una grande fanbase che va oltre i soli fan sportivi, il tennista 22enne incarna e abbraccia i valori di autenticità ed eccellenza del marchio, che offre una gamma esclusiva di prodotti skincare quotidiani sviluppati per ogni tipo di pelle. E lui il perfetto “skin life-changer” per sensibilizzare e promuovere l’abbandono di vecchie abitudini sbagliate a favore di un futuro più in salute per tutti i tipi di pelle.

fonte: www.tgcom24.mediaset.it

Libri: "A journey into the style and music of my icons since 1969. The year of the Big Bang" di Frida Giannini

La storia della musica, da Joan Baez e Jimi Hendrix a Madonna e Lady Gaga, come chiave di interpretazione della moda e della società. Secondo Frida Giannini. 

Il libro è un viaggio nel tempo - dal 1969 a oggi, da David Bowie a Rihanna, da Kurt Cobain a Lady Gaga -, un percorso iconografico di suggestioni visuali, confronti, anche inaspettati, e contrapposizioni, di testimonianze e aneddoti. Il '69 è il Big Bang della musica. Woodstock e Space Oddity. 

E il primo uomo sulla Luna. David Bowie come punto di partenza e filo conduttore di un tour tra i palcoscenici, i concerti e i momenti che hanno fatto la storia non solo della musica, ma del costume. Bowie non ha partecipato a Woodstock, ma proprio lì si è ritirato negli ultimi anni della sua vita. 

Frida Giannini, grande appassionata di musica e profonda conoscitrice di David Bowie, vede in lui la perfetta ed eclettica commistione tra sonorità e costume. "A journey into the style and music of my icons since 1969" è la storia della musica e dell'evoluzione della moda, ma anche la storia personale di Frida Giannini: testimonianza della sua curiosità per il rock e il pop, ereditata dallo zio, Daniele Vellani, Dj e collezionista di vinili, che l'ha accompagnata anche professionalmente nelle sue ispirazioni e riferimenti creativi e negli incontri in prima persona con i protagonisti dello show-biz. 

Questo volume fotografico pone l'accento su abiti di scena, acconciature, gesti, scenografie, perché l'evoluzione della musica accompagna l'evoluzione delle mode, dei costumi, della società che cambia e viceversa, in un dialogo di influenze e ispirazioni, epoche e avvenimenti storici.

fonte: www.libreriacortinamilano.it

Cinema >Trionfo Oppenheimer ai Bafta, il film di Nolan vince 7 premi

Christopher Nolan (s) Emma Thomas © ANSA/EPA
Emma Stone miglior attrice, statuette a film di Triet e Glazer

Oppenheimer, il film epico di Christopher Nolan sul padre della creazione della bomba atomica, ha trionfato questa sera a Londra ai Bafta, i massimi premi del cinema anglosassone e indicazione cruciale verso gli Oscar.

Il ritratto di Nolan del genio scientifico, torturato dalla sua creazione della bomba atomica, ha vinto sette riconoscimenti a cominciare dal miglior film, e poi nelle categorie miglior regista, miglior attore (Cillian Murphy) e miglior attore non protagonista (Robert Downey Jr.).

Migliore attrice Emma Stone per Povere Creature! di Yorgos Lanthimos. The Zone of Interest di Jonathan Glazer ha vinto tra l'altro come miglior film inglese e miglior film in lingua non inglese, mentre 20 giorni a Maryupol è il miglior documentario e Il ragazzo e l'airone di Hayao Miyazaki per l'animazione. 

 "Il nostro film - ha detto Nolan per la prima volta premiato ai Bafta in una lunga carriera di film cult - termina con una nota di disperazione drammaticamente necessaria. Ma nel mondo reale, ci sono tante persone e organizzazioni che hanno combattuto a lungo e duramente per ridurre il numero di armi nucleari nel mondo. Negli ultimi tempi, le cose sono andate nella direzione sbagliata. E quindi, accettando questo premio, voglio solo riconoscere i loro sforzi e sottolineare che mostrano la necessità e il potenziale degli sforzi per la pace". 

A meno di un mese dalla notte degli Oscar l'10 marzo, Oppenheimer che è candidato a 13 statuette Academy, alla Royal Hall a Londra ha vinto nella categoria più prestigiosa del miglior film davanti alla Palma d'Oro 2023 Anatomia di una caduta di Justine Triet (a Londra ha vinto il Bafta per la migliore sceneggiatura originale), The Holdovers di Alexander Payne, Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese e "Povere Creature!" di Yorgos Lanthimos. 

fonte: Redazione ANSA  www.ansa.it  RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati

lunedì 12 febbraio 2024

Libri: "Non è normale. Se è violenza non è amore. È reato" di Cathy La Torre

Un “bignami” capace di fornirci gli strumenti necessari per coltivare l’amore senza cercare di compiacere gli altri e annullare noi stessi, e soprattutto per non confonderlo con ciò che è reato. La violenza ha molti volti. Nessuno è accettabile.

Questo libro nasce dall’esigenza di ribadire che non è normale avere il telefono sotto controllo. Non è normale essere bersagliata di messaggi e chiamate da un ex. Non è normale ricevere avance sessuali senza aver dato il consenso. Non è normale subire pressioni su scelte e desideri personali. Insieme a Cathy La Torre impareremo a riconoscere quante e quali sono le (molte) facce della violenza, come fronteggiarle legalmente, a chi rivolgerci e come agire se pensiamo di essere vittime o testimoni di un abuso. 

Cathy La Torre, avvocata, attivista e ora anche saggista, viaggia in lungo e in largo per l'Italia in un'instancabile battaglia per i diritti. Nel 2008 ha fondato il Centro Europeo di Studi sulla Discriminazione ed è stata vicepresidente del Movimento Identità Trans. Nel 2013 ha fondato la rete di avvocati e attivisti Gaylex e nel 2019 è stata premiata come miglior avvocato pro-bono d'Europa.  Ha fondato e dirige lo studio legale Wildside - Human First che si occupa di diritti civili e di diritti nel mondo del digitale. Insegna Diversity and Inclusion e sui social è nota come @Avvocathy.
Ha pubblicato Nessuna causa è persa. Dietro ogni diritto c'è una battaglia (Mondadori 2020), Ci sono cose più importanti. I diritti che non possono più essere rimandati (Mondadori 2022) e Non è normale. Se è violenza non è amore. È reato (Feltrinelli 2024).

fonte: www.ibs.it

Libri: "Nascita di un capolavoro del cinema" di Tom Hanks

La storia di un film d’azione da milioni di dollari e del fumetto che l’ha ispirato. Una vicenda divertente e commovente che racconta anche i cambiamenti della cultura americana dalla Seconda guerra mondiale a oggi.

«È un universo a sé stante, completo di sole, pianeti, stelle infinite. La sua forza di gravità ti attira e la sua esuberanza ricca, stratificata e scoppiettante ti tiene avvinto. Avrei voluto poterlo abitare per sempre.» - Ann Patchett

Lone Butte, 1947. Robby, cinque anni e una spiccata propensione per il disegno, incontra per la prima volta il leggendario zio Bob, appena tornato dalla guerra. Bob arriva in moto, ha l’aria sciupata ma affascinante e per Robby diventa subito un eroe: e lo resta anche quando sparisce, o forse proprio per quello. Oakland, 1971. Robby, diventato un autore di fumetti underground, riceve una lettera dallo zio Bob. Rievocando quello straordinario incontro, ricordando i giornalini che lo zio gli aveva regalato, crea un personaggio plasmato sul giovane veterano. 

È così che nasce La leggenda dell’Incendiario. New Mexico, 2020. Bill Johnson, regista affermato, una passione per il golf e le macchine da scrivere, riscopre per caso il fumetto del 1971 e decide di farne un film di supereroi: Guerriera insonne. 

Da qui in poi il romanzo si sposta a Lone Butte, il paesino di Robby e zio Bob che si rivela un set naturale perfetto, e si accendono tutte le dinamiche che possono fare di un film un trionfo o un disastro, a partire dal materiale umano: entrano in scena OKB, l’attore capriccioso e narciso che deve interpretare l’Incendiario; Wren, antidiva intelligente e sensibile, ovvero Eve la Guerriera, l’eroina che non dorme mai; e una folla di tecnici, attrezzisti, vecchi attori di talento, più due donne eccezionali a cui spetta di far funzionare la macchina, dall’alto e dal basso: Al, la produttrice che per rilassarsi lavora a maglia, e Ynez, promossa sul campo da tassista a prodigiosa factotum. 

Dopo i racconti di Tipi non comuni Tom Hanks torna alla scrittura con una storia che celebra il grande cinema di oggi e di sempre, tra assilli di tempo e denaro e grandiose aspirazioni, raccontando come si fa, come si dovrebbe fare un film. Si ride, si piange, si rievoca la Hollywood di una volta, si leggono i fumetti che sono al cuore della storia (scritti da Hanks e illustrati da R. Sikoryak) e si scivola fuori dalle pagine di questo romanzo con quel misto di gioia indefinita e istantanea nostalgia che ancora ci prende quando usciamo da un cinema e per un istante non sappiamo dove siamo. 

fonte: www.ibs.it

Musica > Michael Jackson da record: Sony compra metà del catalogo

IPA foto da video
Accordo raggiunto con gli eredi della popstar dopo un anno di trattative: transazione di almeno 600 milioni di dollari

Michael Jackson da record: la Sony ha raggiunto un accordo con gli eredi per acquistare la metà del catalogo musicale del cantante, in quella che dovrebbe essere la transazione di maggior valore della storia per il lavoro di un singolo musicista.

L'intero catalogo di Jackson è stato valutato tra 1,2 e 1,5 miliardi di dollari: la transazione avrebbe così un valore di almeno 600 milioni, una cifra da Guinness, anche se inferiore agli 800-900 milioni ipotizzati da Variety un anno fa, quando la trattativa era venuta a galla.

L'accordo, di cui ha dato notizia Billboard, lascerebbe agli eredi di Michael Jackson notevole controllo sul materiale una volta ceduto il 50% delle quote: un punto che fino all'ultimo aveva tenuto in sospeso il negoziato.

La popstar era arrivata prima davanti a Elvis Presley nella classifica Forbes 2023 dei cantanti ricchi passati a miglior vita: tra questi, nel gennaio dell'anno prima, era passata di mano la musica di David Bowie  per 250 milioni.

Il pacchetto per Jackson comprenderebbe, oltre ai testi delle sue canzoni e della musica da lui registrata, anche tracks di altri artisti acquistati dal suo gruppo editoriale MiJac tra cui brani di Ray Charles, Jerry Lee Lewis e Aretha Franklin.

L'interesse è aumentato dallo show di Broadway MJ: The Musical, gli show a tema del Cirque du Soleil e l'imminente biopic Michael di Anton Fuqua, in cui il nipote Jafaar Jackson recita e canta nella parte dello zio.

Jacko è morto nel 2009, a 50 anni, dopo aver venduto oltre 400 milioni di dischi. L'album del 1982 Thriller è ancora uno dei due best seller di tutti i tempi secondo il Guinness World Record. Il re del pop resta popolarissimo sui servizi in streaming con quasi 40 milioni di ascoltatori al mese su Spotify.

La Sony è l'etichetta storica del cantante e già era legata agli eredi da un'intesa da 250 milioni di dollari stipulata nel 2010.

Il record ufficioso per i cataloghi musicali spettava finora a Bruce Springsteen, con circa mezzo miliardo di dollari, seguito da Bob Dylan con 450 milioni, che includono oltre alla musica i testi frutto della creatività del premio Nobel.

Ora sarebbero in trattativa anche i Queen, con una valutazione richiesta di 1,2 miliardi di dollari, al livello o poco al di sotto del catalogo di Jackson.

Vendere il proprio catalogo in passato era considerato un peccato mortale per un musicista, ma con Dylan che nel 2020 aveva dato il via, altri artisti, vecchi e giovani, erano saliti sul treno: tra questi Justin Bieber, che in cambio ha ottenuto 200 milioni di dollari dalla società Hipgnosis Songs Capital, la stessa che ha acquistato i cataloghi di Shakira, Justin Timberlake e Neil Young, quest'ultimo al 50% e con una clausola importante: nulla di quanto da lui composto potrà essere usato in pubblicità. 

fonte: www.tgcom24.mediaset.it  IPA foto da video

Libri: "Day" di Michael Cunningham

Un libro che attraversa il tempo nella storia di una famiglia, come nel suo capolavoro Le ore, premiato con i più prestigiosi riconoscimenti e tradotto in trenta lingue. Un romanzo sui cambiamenti imprevedibili delle nostre esistenze, sull’amore e la perdita, sulla forza inesauribile dei legami familiari.

«E ciò che lascia questo romanzo è il tentativo di abbandonare le stanze dell’indifferenza, il gradino di mezzo sulla scala. Come barche controcorrente, evitando però di essere risospinti senza posa nel passato.» - Alice Ledronio per Maremosso

«Se mai dovessi andare da qualche parte, tornerò sempre.»

5 aprile 2019. In un’accogliente casa in mattoni di Brooklyn, la patina di felicità domestica di Dan e Isabel comincia a incrinarsi. Marito e moglie si stanno lentamente allontanando, attratti entrambi, a quanto pare, da Robbie, il fratello minore di Isabel, l’anima ribelle della famiglia, che abita nel loro attico. 

La partenza di Robbie minaccia di rompere il fragile equilibrio della famiglia, mentre la piccola Violet finge di non vedere la distanza tra i genitori e il fratello Nathan sperimenta i primi passi verso l’indipendenza. 5 aprile 2020. Quando il mondo intero si chiude in lockdown, Dan e Isabel si sentono sempre più in prigione, tra piccoli inganni e frustrazioni reciproche. Anche Robbie è bloccato, in una baita di montagna in Islanda, solo con i suoi pensieri e una seconda vita segreta su Instagram. 5 aprile 2021. La tempesta è passata, Dan e Isabel devono fare i conti con quello che hanno imparato, con le ferite che hanno sofferto, con la nuova realtà che li aspetta. 

Michael Cunningham è uno scrittore statunitense. È cresciuto a Los Angeles e vive a New York. Per Bompiani sono usciti: Le ore (1999), tradotto in circa trenta lingue e vincitore del Premio Pulitzer per la Narrativa, del Pen/Faulkner Award e del Premio Grinzane Cavour 2000 per la Sezione Narrativa Straniera, Carne e sangue (2000), per il quale ha ricevuto il Whiting Writer's Award, Una casa alla fine del mondo (2001), Mr Brother (2002), Dove la terra finisce (2003), Giorni memorabili (2005), Al limite della notte (2010), La regina delle nevi (2014).
Dal romanzo Le ore è stato tratto il celebre film interpretato da Meryl Streep, Nicole Kidman e Julianne Moore, mentre da Una casa alla fine del mondo è stata realizzata una versione cinematografica diretta da Michael Meyers.
Nel 2016 pubblica con La nave di Teseo Un cigno selvatico (illustrazioni di Yuko Shimizu).
Nel 2024 La nave di Teseo pubblica un nuovo romanzo, dopo oltre dieci anni dal precedente: Day.

fonte: www.ibs.it

venerdì 9 febbraio 2024

Musica: Beatles, 60 anni fa il debutto Usa all'Ed Sullivan Show

I Fab Four si esibirono per la prima volta a New York nel 1964

Sessant'anni fa i Beatles lanciarono la conquista dell'America.

Il 9 febbraio del 1964 i Fab Four debuttarono all'Ed Sullivan Show a New York e in quel momento fecero storia cambiando la cultura americana.

Il pubblico andò in delirio non appena intonarono 'close your eyes', le prime parole del brano, 'All My Loving', scritto da Paul McCartney e contenuto nel loro secondo album, 'With the Beatles' (1963). 

Il fenomeno chiamato, 'Beatlemania', aveva cominciato a manifestarsi già dal loro arrivo all'aeroporto internazionale Kennedy il 7 febbraio. John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr furono accolti da un esercito di fotografi e migliaia di fan che gridavano in modo isterico. Il corteo di auto su cui viaggiavano si spostò verso Manhattan e il delirio continuò davanti al Plaza Hotel, dove i Beatles soggiornarono durante la loro permanenza a New York. 

I Fab Four ebbero un'accoglienza persino superiore a quella dell'allora presidente americano, Lyndon Johnson, che nonostante il freddo, il giorno prima, decise di salutare la folla davanti al quartier generale del New York Times sulla 43/a strada. Come scrisse lo stesso quotidiano newyorkese, 'c'era poca gente'. Il loro debutto in quella che era considerata una delle trasmissioni più celebri degli Stati Uniti fu seguito da oltre 73 milioni di spettatori, pari al 40% della popolazione americana. 

Secondo una leggenda dell'epoca, il numero di crimini riportati nella Grande Mela fu molto vicino allo zero, tuttavia manca una conferma ufficiale al riguardo. Nonostante il delirio dei fan, per i Beatles non ci fu pari accoglienza da parte della critica. La copertura del NyTimes del loro arrivo apparse solo alla pagina 25 e l'articolo fu intitolato, 'I Beatles lanciano l'invasione, aggiungete capelli lunghi e fan urlanti'. 

"Moltiplicate per quattro Elvis Presley, sottraete sei anni dalla sua età, aggiungete un accento britannico e un acuto senso dell'umorismo. La risposta: Sono i Beatles (Yeah, Yeah, Yeah)", si leggeva in una parte dell'articolo. Tuttavia, il Sullivan Show fu invaso da 50 mila richieste per assistere al loro debutto mentre, otto anni prima, per Elvis ne arrivarono solo 7 mila.  

fonte: Redazione ANSA  www.ansa.it  RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati

Cinema > Incassi, Povere creature! in vetta inseguito da Tutti tranne te

Terzo posto I soliti idioti 3, quarto Argylle - La super spia 

Povere creature! di Yorgos Lanthimos svetta per la seconda settimana di fila in testa nella classifica degli incassi Cinetel.

Il film candidato agli Oscar con protagonista Emma Stone, Mark Ruffalo e Willem Dafoe, ha incassato 1 milione 845mila euro (con un calo solo dell'8% e una media sala di 3.209 euro su 575 sale) raggiungendo un totale di 4 milioni 705mila.

Ottima anche la tenuta di Tutti tranne te, diretto da Will Gluck con protagonisti Sydney Sweeney e Glen Powell, che al secondo week end ha guadagnato 1 milione 792mila (con un rialzo del 48% e una supermedia di 4.966 euro su 361 schermi).

Il risultato complessivo è di 3 milioni 725mila euro. 

Terzo posto per il terzo capitolo de I soliti idioti della la coppia Biggio-Mandelli, che seppur in calo del 61% mette via altri 768mila euro con un totale di 3 milioni 155mila. La media è di 2.002 euro in 384 cinema. 

Le nuove entrate della top ten sono due: in quarta piazza la commedia adrenalinica Argylle - La super spia di Matthew Vaughn con Bryce Dallas Howard, Henry Cavill, Sam Rockwell e Bryan Cranston che parte con 402mila euro in 4 giorni (e una media di 1.351 euro su 298 sale). In nona posizione ha debuttato The Warrior: The Iron Claw di Sean Durkin con Jeremy Allen White, Lily James, Zac Efron. Il fim basato sulla storia della famiglia Von Erich, mito del wrestling per intere generazioni, ha incassato 194mila euro in 4 giorni.

Quinta posizione Perfect Days di Wim Wenders (372 mila euro nel week end e 4 milioni 336mila complessivi) e sesta per Leonardo Pieraccioni e Pare parecchio Parigi (341mila e 2 milioni 917mila). Settimo The Holdovers - Lezioni di vita, ottavo Dieci minuti e decimo il film di animazione Il fantasma di Canterville. 

Nel fine settimana gli incassi complessivi sono stati di 7.672.293 euro in calo del -21% rispetto al week end precedente e in rialzo del +41% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.  

fonte: Redazione ANSA  www.ansa.it  RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati

lunedì 5 febbraio 2024

Libri: "Le piccole storie della locanda Kamogawa" di Hisashi Kashiwai

Nelle stradine di Kyoto si alternano rivenditori di tonache buddiste, botteghe di souvenir, palazzi di uffici. Poi, in un vicolo di Shomen-dori, c'è il ristorante Kamogawa: un luogo caldo, appartato. Un posto dove riassaporare i propri ricordi. Dopo Le ricette perdute del ristorante Kamogawa, il secondo, stupefacente capitolo dei detective del cibo: Kamogawa Nagare e sua figlia Koishi.

A gestire il ristorante Kamogawa, ormai da anni, ci sono un padre e una figlia, conosciuti a Kyoto come gli investigatori degli enigmi culinari, poiché abilissimi nel rintracciare gli ingredienti perfetti per i piatti del cuore di ogni avventore: come Kitano Kyosuke, nuotatore olimpionico ossessionato dal bento all'alga nori preparatogli dal padre ogni giorno; o Takeda Kana, giornalista gastronomica che vorrebbe scoprire il segreto del cibo preferito di suo figlio, all'apparenza un semplice hamburger; oppure Onodera Katsuji, che sogna di mangiare ancora una volta la soba cinese che ordinava a una bancarella e rivivere così certi istanti della sua giovinezza. 

Tra tofu, germogli di bambú, tè matcha, alga wakame e decine di altri sapori, sarà lo chef Nagare ad aiutarli, scovando le ricette che cercavano e gettando una luce tutta diversa sui momenti più significativi delle loro vite. 

Kashiwai Hisashi è un autore giapponese. Cresciuto a Kyoto, ha lavorato come giornalista e consulente televisivo. È autore della serie sul Ristorante Kamogawa, composta da sette libri e da cui è stata tratta una serie tv. Per Einaudi ha pubblicato Le ricette perdute del ristorante Kamogawa (2023) e Le piccole storie della locanda Kamogawa (2024).

fonte: www.lafeltrinelli.it

Teatro > Scala: trittico contemporaneo per il balletto

Coreografie di Simone Valastro, Garrett Smith, León e Lightfoot 

Trittico di lavori contemporanei per il secondo appuntamento della nuova Stagione del Balletto del teatro alla Scala, che dal 7 al 18 febbraio presenta le opere di coreografi scelti dal direttore del Ballo Manuel Legris, che hanno già lavorato con compagnie e teatri prestigiosi, ma mai al Piermarini, eccezione fatta per Simone Valastro, che proprio al Piermarini è cresciuto e si è diplomato prima di volare all'Opera di Parigi.

Valastro presenterà in prima assoluta 'Memento', opera frutto di un anno di lavoro, creata appositamente per i ballerini della Scala, mentre il coreografo americano Garrett Smith porterà in prima europea Reveal, creato per Houston Ballet nel 2015, mai presentato fuori dagli Stati Uniti.

Il famoso duo artistico Sol León e Paul Lightfoot debutterà invece a 'Milano con 'Skew-Whiff (fuori equilibrio), una speciale combinazione fra coreografia contemporanea e musica classica, creata per il Nederlands Dans Theater nel 1996.

fonte: Redazione ANSA  www.ansa.it  RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati

ALL AREAS - LUCIANO LIGABUE | a ROMA (dal 9 febbraio) e poi a CORREGGIO (dal 28 aprile) la mostra fotografica di JARNO IOTTI

Dopo un’anteprima con oltre 3500 visitatori a Sestri Levante, il viaggio fotografico ALL AREAS – LUCIANO LIGABUE, che Jarno Iotti ha dedicato al musicista e amico Ligabue, approda ora a Roma, dove sarà in mostra dal 9 febbraio al 1° marzo alle Officine Fotografiche, e poi dal 28 aprile al 26 maggio a Correggio, il “luogo del cuore” per entrambi gli artisti, all’interno delle Gallerie Espositive del Museo Il Correggio al primo piano di Palazzo dei Principi.

La mostra, ovvero un viaggio fotografico in 70 scatti più uno, percorso con il Liga nei vent’anni e oltre trascorsi insieme “su e giù da un palco” – Jarno dietro l’obiettivo, Luciano davanti, sempre più libero e autentico – in entrambe le città trova casa in sedi particolarmente interessanti. Officine Fotografiche a Roma è una delle realtà più dinamiche nel promuovere la cultura dell’immagine contemporanea. In 24 anni di attività ha promosso e ospitato alcune delle migliori produzioni fotografiche nazionali e internazionali, inoltre ha ideato e organizzato per 15 edizioni il festival internazionale FotoLeggendo.

L’approdo al Museo cittadino di Correggio invece rappresenta un agognato ritorno alle origini, lì dove tutto ebbe inizio, in una sede istituzionale di grande prestigio e in un’occasione speciale: il 28 aprile, giorno dell’inaugurazione, non è scelto a caso, poiché coincide con la giornata di apertura del Festival Internazionale Fotografia Europea, un evento culturale dedicato alla fotografia contemporanea, nato nel 2006. ALL AREAS – Luciano Ligabue infatti espone nell’ambito del Circuito OFF per la 18^ edizione dell’evento, Fotografia Europea 2024. “Questo progetto fotografico – commenta a proposito l’Assessore alla Cultura Gabriele Tesauri – giunge esattamente in un periodo dell’anno in cui Reggio Emilia diventa capitale della fotografia e tutta la provincia di riflesso sarà animata dalla presenza di artisti internazionali, esperti, curatori e amanti della fotografia”. Il Museo Il Correggio è solito ospitare grandi nomi tra le mostre temporanee (in ambito fotografico, uno su tutti, Franco Fontana), per questo è ulteriore motivo di vanto che abbia scelto di accogliere la prima mostra dedicata al poeta contemporaneo della sua città, Luciano Ligabue. “Una mostra – continua Tesauri – che accogliamo con grande entusiasmo, non solo perché entrambi sono figli della nostra terra, ma anche perché le fotografie di Iotti raggiungono un altissimo livello di qualità tecnica e narrativa”.

ALL AREAS – LUCIANO LIGABUE espone 70 stampe in cornice, formato 40x30 cm, di scatti o sequenze che mostrano il musicista e cantante rock quasi sempre inconsapevole dell’obiettivo che lo inquadra, colto in attimi di pura verità, spesso sul palco durante i concerti ma anche in momenti che solitamente restano inediti per il pubblico (ma anche per il soggetto fotografato) in un infinito viaggio nella musica e nella vita. Il “più uno” è lo scatto che apre nella mostra e ha aperto nella vita il cammino fra le fotografie. Il filo impalpabile che guida il percorso è dato da ispirazione e visione, unite al raro dono di saper scomparire dietro l’obiettivo, caratteristiche che fanno di Jarno Iotti il fotografo capace come nessun altro di cogliere l’attimo fuggente nell’anima del musicista amico e concittadino.

Luciano Ligabue nell’introduzione commenta così: Jarno mi è stato vicino per tanto tempo e, conoscendomi così bene, è riuscito a ritrarmi nella mia versione più vera, quella in cui “non sento” la macchina fotografica. Il risultato lo potete vedere in questa mostra di cui sono molto felice non tanto per me come soggetto (ma sì, poi, anche quello), quanto per lui come autore. E devo ringraziarlo perché questa serie di scatti sono una specie di diario che non ho scritto io, ma che, ricordandomi dove sono stato e che cosa ho fatto, mi muove profonde emozioni”.

Le fotografie esposte nella mostra sono disponibili anche in una Box “Postcards Edition” acquistabile al link https://jarnoiotti.com/jgallery/all-areas/. Il cofanetto contiene le 71 foto in formato cartolina con bordatura bianca che riportano sul retro il luogo e la data dello scatto. Inoltre 18 aneddoti che riguardano alcuni scatti a cui l’autore è particolarmente legato e una cartolina speciale con il poster della mostra sul fronte e l’emozionata introduzione scritta da Luciano dopo avere visto le foto, dalla quale riportiamo un altro passaggio: “Poi si è specializzato nelle foto dei nostri live. Lì non c’erano pose che dovevo tenere e il suo obiettivo puntato non lo vedevo quasi mai. Quelle foto me le mostrava con orgoglio. Mi piacevano sempre di più. Raccontavano la verità”.

JARNO IOTTI ALL AREAS – LUCIANO LIGABUE

ROMA dal 9 febbraio al 1° marzo 2024

Officine Fotografiche – via Giuseppe Libetta 1

CORREGGIO dal 28 aprile al 26 maggio 2024

Circuito OFF – Festival Fotografia Europea 2024 – 18^ edizione

Museo Il Correggio – Gallerie Espositive Palazzo dei Principi, Corso Cavour 7

Jarno Iotti (Reggio Emilia, 1973) nasce come fotografo professionista agli albori del millennio, quando decide di reinventare la propria vita sull’onda di una passione – quella per la fotografia – coltivata fin da piccolo. “Il mio amore per la fotografia nasce da bambino, a dir la verità si può dire che sia stato un colpo di fulmine sulle rive del fiume Po, il giorno in cui rubai a mio padre una vecchia compatta dell’Olympus. Allora non sapevo sarebbe stato un amore duraturo, ma sul grande fiume scattai le mie prime foto e mai avrei immaginato che quella sarebbe diventata un giorno la mia professione. Nel 1999, dopo anni di lavoro come operaio, lascio un lavoro sicuro per mettermi totalmente in discussione entrando a far parte dello staff di Luciano Ligabue.

Un’esperienza, quella al fianco di Ligabue, durata oltre 20 anni e che mi ha permesso di riscoprire la passione per la fotografia affiancando l’artista nell’attività live e documentandola “su e giù da un palco”. Parallelamente sono cresciuto professionalmente partecipando a workshop e coltivando incontri unici nel mondo della musica (mia grande passione da sempre), del cinema e del teatro che mi hanno dato l’opportunità d’immortalare molti grandi artisti del panorama italiano. Ho poi rivolto lo sguardo e l’obiettivo anche verso ambiti diversi, portando il mio stile fotografico e le conoscenze acquisite in ogni nuovo progetto. Citando Luigi Ghirri, credo che la fotografia possa metterci in relazione con il mondo in maniera profondamente diversa”.

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fonte: Ufficio stampa Elena Pantera elena.pantera@pantarei.me 

lunedì 29 gennaio 2024

Libri: "I miei giorni alla libreria Morisaki" di Satoshi Yagisawa

«Iniziai a leggere un libro dopo l'altro. Quei vecchi libri nascondevano storie per me inimmaginabili. E non mi riferisco solo a ciò che raccontavano. Dentro ognuno trovai tracce del passato: sottolineature, segnalibri, fiori secchi. Erano incontri che superavano le barriere temporali, possibili solo attraverso i vecchi libri. E così cominciai ad affezionarmi alla libreria Morisaki.»

Jinbōchō, Tokyo. Il quartiere delle librerie e delle case editrici, paradiso dei lettori. Un angolo tranquillo e fuori dal tempo, a pochi passi dalla metropolitana e dai grandi palazzi moderni. File e file di vetrine stipate all'inverosimile di libri, nuovi o di seconda mano. 

Non tutti lo conoscono, più attratti da Ginza o dalle mille luci di Shibuya. Di sicuro Tatako – venticinquenne dalla vita piuttosto incolore – non lo frequenta assiduamente. Eppure è qui che si trova la libreria Morisaki, che appartiene alla sua famiglia da tre generazioni. 

Un negozio di appena otto tatami in un vecchio edificio di legno, con una stanza al piano superiore adibita a magazzino. È il regno di Satoru, l'eccentrico zio di Tatako. Entusiasta e un po' squinternato, dedica la sua vita ai libri e alla Morisaki, soprattutto da quando la moglie lo ha lasciato. 

L'opposto di Tatako, che non esce di casa da quando l'uomo di cui era innamorata le ha detto di voler sposare un'altra. È Satoru a lanciarle un'ancora di salvezza, offrendole di trasferirsi al primo piano della libreria. Proprio lei che non è certo una forte lettrice, si trova di colpo a vivere in mezzo a torri pericolanti di libri e minacciosi clienti che continuano a farle domande e a citarle scrittori ignoti. 

Tra discussioni sempre più appassionate sulla letteratura moderna giapponese, un incontro in un caffè con un timido sconosciuto e rivelazioni sulla storia d'amore di Satoru, scoprirà pian piano un modo di comunicare e di relazionarsi che parte dai libri per arrivare al cuore. Un modo di vivere più intimo e autentico, senza paura del confronto e di lasciarsi andare. 

Satoshi Yagisawa (Chiba, Giappone, 1977) vive a Tokyo. I miei giorni alla libreria Morisaki (Feltrinelli) è il suo romanzo d’esordio. Dopo aver vinto il premio letterario Chiyoda, è diventato un caso editoriale da cui è stato tratto un film. È stato un successo in Giappone, Corea, Vietnam e a Taiwan, ed è in corso di traduzione in sedici Paesi. Nel 2023 esce per Feltrinelli, Una sera tra amici a Jinbocho.

fonte: www.lafeltrinelli.it

Libri: "Ciak si sfila: I défilé di moda in trenta film" di Grazia D'Annunzio e Sara Martin

Il libro è un’analisi approfondita e inedita di un sottogenere cinematografico, la sfilata di moda inserita in una trama cinematografica che inizia a farsi strada in America negli anni Venti per poi essere “esportato” con successo anche in Italia durante gli anni della dittatura fascista. 

Originariamente il défilé serve sia come momento di evasione che come strumento per veicolare le novità della stagione. 

A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, ai costumisti di Hollywood che guardavano ai trend della moda francese e li riproponevano sul grande schermo (Adrian è un caso lampante) e a quelli europei che attraverso gli abiti esprimevano una visione del mondo condivisa con i registi (Piero Gherardi e Danilo Donati con Fellini) si affiancano i veri couturier (le sorelle Fontana ne Le amiche, Hubert de Givenchy in Cenerentola a Parigi), e in seguito la sfilata di moda viene anche vista e proposta in chiave ironico-dissacrante (Chi sei, Polly Maggoo?). 

Il sottogenere continua a fare capolino anche nei film di questo millennio, in un pastiche di rimandi e appropriazioni (comico surreale in Zoolander, reale in Sex and The City - The Movie, pseudo storico in Marie Antoinette, liberamente ispirato a un couturier ne Il filo nascosto, filologicamente vintage in La signora Harris va a Parigi). Il volume è diviso in due parti: nella prima si analizzano la nascita e l’evoluzione di questo sottogenere, il ruolo e l’estetica dei costumisti più importanti, nella seconda, si descrivono trenta film dove il défilé è un momento essenziale del racconto.

fonte: www.amazon.it